L’informazione libera dei poveri giornalisti

L'informazione libera dei poveri giornalisti
Due conti estemporanei sugli introiti dei giornali e dei giornalisti.

In uno dei commenti all’articolo L’Espresso di De Benedetti pubblica notizie false, c’è scappato di fare un paio di calcoli, molto approssimativi, sul fatturato dei quotidiani, anche in relazione al fatto che diverse testate, di livello internazionale, stanno ormai approdando alla pura edizione digitale. Questo passaggio è dovuto anche ai costi ridotti dell’edizione online che, in alcuni casi come quello del «Newsweek», è stata una scelta obbligata a causa dei bilanci negativi dell’edizione cartacea.
Il paragone con certi giornali italiani, che magari parlano tanto delle regole del mercato quando fa comodo, ma non seguono le regole del mercato grazie ai finanziamenti pubblici, viene spontaneo.

Il tema sul quale ci siamo soffermati però, è che di tutti i soldi che circolano attorno ad un quotidiano, pochi finiscono in tasca ai giornalisti, a parte qualche firma importante. La maggioranza delle persone che scrivono per un giornale guadagna una miseria e viene sfruttata a livelli di schiavismo cinese. Questo naturalmente influisce sulla qualità degli articoli, che vengono scritti in funzione di un servilismo nei confronti dei piani alti della gerarchia. Il tutto, ovviamente, intacca la tanto sbandierata libertà di stampa, che tanto libera alla fine non è, anche se rimane un buona scusa, oltre al pluralismo dell’informazione, per beccarsi dei succulenti finanziamenti pubblici. In teoria, anche «Sporchi Banchieri» contribuisce al pluralismo dell’informazione, però chissà perché, non riceve alcun tipo di finanziamento, anzi.

Riportiamo il suddetto commento, che abbiamo deciso di trasformare in post:
«Pensa quanti soldi gli abbiamo dato in tutti questi anni. Se facciamo un calcolo relativo, prendendo ad esempio il classico padre di famiglia della “classe media”, quello in teoria con una discreta preparazione culturale, vengono fuori cifre allucinanti: considerando un giornale come “la Repubblica” (ma anche altri giornali, magari “di destra”, è uguale) sono almeno un euro al giorno, più «l’Espresso» una volta a settimana tre euro, più almeno uno dei soliti allegati, sia esso un cd, il volume dell’enciclopedia storica, il libro d’autore o l’albo a fumetti: circa sette euro. Facciamo quindici euro a settimana, ossia sessanta euro al mese. Sono almeno seicento euro all’anno. Moltiplicalo per gli anni che vuoi. Considera che, secondo i dati forniti dallo stesso giornale, le copie medie diffuse al giorno nel 2011 sono quasi mezzo milione. Metti che solo un quinto di questi rientrino nel nostro esempio. Fanno 60000000 (60milioni) di euro l’anno. Più, facciamo i tre quinti, di quelli che comprano solo il giornale. Almeno altri 108000000 (108milioni) di euro l’anno (1 euro x 360 x 300000). E siamo già a 168milioni di euro all’anno. Poi arriva il grosso: le pubblicità. Considera che il costo di una pagina intera in bianco e nero sull’edizione Milanese di “la Repubblica” costa sui 23mila euro. Una doppia pagina a colori ti costa più di 70mila euro. E stiamo parlando delle edizioni locali. Comprarsi l’ultima pagina costa anche 4-5 volte tanto. E qui i calcoli diventano un po’ più complessi. Ma facciamo, mantenendosi bassi bassi (ma bassi bassi, eh) 500mila euro al giorno? Fanno 182500000 (182milioni500mila) euro l’anno. Già arriviamo a 350,5milioni. In più si beccano pure i finanziamenti pubblici all’editoria. “La Repubblica” si becca più di 16milioni di euro all’anno. E fanno oltre 365milioni di euro l’anno, tenendosi bassi e arrotondando per difetto. Ah, e non stiamo considerando gli introiti degli abbonamenti e delle pubblicità dell’edizione online. Sai quanto pagano i giornalisti a pezzo? Dai 30 ai 50 euro LORDI. E stiamo parlando sempre di “la Repubblica” che è uno dei giornali che paga di più.
Hai capito perché questi giornalisti disgraziati sono costretti a leccare il culo al proprio padrone? Gente che magari ha studiato giornalismo e ci dedica 24 ore di tempo al giorno per guadagnare una miseria. Fatti due calcoli e ti rendi conto di quanti articoli devono scrivere per portare a casa un minimo di stipendio decente. Per questo devono scrivere pezzi paraculi e leccare il culo al direttore che, a sua volta, deve leccare un po’ il culo a chi paga le pubblicità (i grossi industriali e imprenditori, mica l’idraulico o la parrucchiera) e ai politici che lo appoggiano e fanno arrivare i finanziamenti.
E c’è ancora chi pensa che l’informazione sia libera!»

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7 risposte a L’informazione libera dei poveri giornalisti

  1. Angelo Danio ha detto:

    Direi di più: ormai la “terza pagina” non esiste più: mentre dovrebbe essere la pagina che ha più senso sulla carta stampata che deve concorrenziare con la cronaca breaking news di tv internet e radio si è ridotta ad un copia incolla delle rassegne stampa preconfezionate che editori, curatori, event planner preparano e girano ai giornalisti che (a ragione) per quel che guadagnano per una recensione (una decina di euro netti) non si sprecano certo in redazione di articoli … in più magari si guadagnano una “marchetta” facendo contento il “cliente”. Risultato la ex-terza pagina, ora promossa (?) a “cultura” o “spettacoli” e divenuta quasi illeggibile, ti serve solo come reminder delle opportunità culturali

  2. bortocal ha detto:

    per fortuna esistono i blog! 🙂

  3. raimondorizzo ha detto:

    Bel post e grazie per l anticipazione

    • sporchibanchieri ha detto:

      Più che anticipazione, in un certo senso, ci hai ispirato con il tuo commento, in particolare la frase «il giornale in oggetto perde così ogni alone di attendibilità per me e per molti altri che lo leggevano quotidianamente». Da quel “quotidianamente” è nato il calcolo estemporaneo con il quale ti abbiamo risposto. Quindi…grazie a te!

  4. Pingback: Feltri, il Fatto Quotidiano e le risposte chiuse | sporchi banchieri

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